Scissione per Riorganizzazione d’azienda e passaggio generazionale: Profili di (non) elusività

Scissione per Riorganizzazione d’azienda e passaggio generazionale: Profili di (non) elusività

Negli ultimi mesi sono sempre più diventate frequenti istanze di interpello riguardanti la valutazione anti-abuso di operazioni straordinarie caratterizzate da forti concatenazioni di operazioni, spesso con l’intento di realizzare asset.

Prima di entrare nello specifico è bene ricordare l’articolo 10-bis dello statuto del contribuente. Esso afferma che viene considerata una manovra elusiva solo l’indebito risparmio d’imposta;

Con le risoluzioni 97, 98 e 99 di luglio 2017, si è individuato una sorta di automatismo dell’agenzia nel valutare effettivamente l’esistenza dell’abuso. L’amministrazione infatti verifica prima di tutto l’effettivo vantaggio fiscale. In assenza di quello, termina l’analisi di abusività.

Nonostante alcune risposte ad interpelli che facevano pensare ad un ritorno al passato per determinate operazioni straordinarie (trasformazioni), le risposte dell’agenzia in materia di scissione sono state perlopiù coerenti e lineari.

Sono state prese come esempio 2 tipi di scissioni: la prima che utilizzava lo strumento per ri-allocazione del patrimonio aziendale tra soci (2 gruppi familiari).
La seconda invece serviva per determinare il passaggio generazionale, formando da una holding, 4 società che comprendessero nella compagine societaria la terza generazione.

In nessuno dei 2 casi si è potuto configurare l’elusività delle operazioni in quanto erano espressamente indicate:

1) le motivazioni della riorganizzazione;

2) la volontà di proseguire nell’attività imprenditoriale dando concretamente seguito a progetti imprenditoriali.

Per concludere:

L’indebito risparmio d’imposta nella scissione, a mio parere è quindi rilevabile se viene effettuata la riorganizzazione al solo scopo di posticipare la tassazione delle plusvalenze sui beni trasferiti, senza prevedere alcun continuo dell’attività imprenditoriale; oppure se di fatto si creano società “contenitori” col mero intento di cedere le quote per godere del più favorevole regime del capital gain.

Dott. Giovanni Maria Scullin – Studio Scullin

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